Tutti uguali, tutti diversi

(Di Federica Fatica e Chiara Cuttica)

Fare il capo oggi è una scelta che ci pone in contatto con diverse disabilità: lo scenario del quale siamo i protagonisti per la costruzione del presente e del futuro nostro e di chi ci è affidato, ci chiede di relazionarci con infiniti altri.

Sul prato di Bracciano, sabato 2 giugno 2018, l’Associazione si è regalata il tempo per riflettere sul tipo di relazione, che ogni giorno si vuole costruire: incontrarsi e partecipare non fa paura, siamo responsabili dell’accoglienza e dell’integrazione in reti e della valorizzazione dell’altro come risorsa.

La riflessione sul significato dell’accoglienza di bambini e giovani con disabilità nelle nostre unità è stata guidata in occasione del convegno “Con il tuo passo. Percorsi di accoglienza in AGESCI”, da Anna Contardi (coordinatrice nazionale Associazione Italiana Persone Down), Andrea Canevaro (Prof. emerito dell’Università di Bologna) e suor Veronica Donadello (responsabile del settore per la catechesi delle persone disabili della CEI).

Messaggi diretti e condivisi: accogliere un ragazzo disabile significa favorire la conquista della sua autonomia, farlo crescere in un’ottica di progressione personale e all’interno della comunità. Significa, per il capo educatore, sfruttare la molteplicità dei sensi e la corporeità dei linguaggi per arrivare a tutti. Significa, in sostanza, applicare tutti gli strumenti che il metodo scout ci offre nella nostra attività quotidiana e proporre “uno scautismo normale a ragazzi speciali”, evitando l’emarginazione e riconoscendo la persona con i suoi talenti, i suoi pregi, le sue possibilità, al di là della disabilità. Significa esercitare la propria capacità creativa per proporre attività sempre diverse e sempre nuove. Significa incontrare le famiglie e presentare la proposta che, in quanto scout, possiamo offrire. Significa anche dare a un ragazzo senza disabilità l’occasione di apprezzare atteggiamenti quali l’attenzione all’altro e alle sue necessità. I ragazzi con disabilità nelle nostre unità possono permettere uno scautismo migliore per tutti.

Le riflessioni sono continuate nel pomeriggio in piccoli gruppi di lavoro guidati da esperti del settore e scout, che hanno proposto attività esperienziali o di rielaborazione e riflessione.

Per esempio, nel gruppo di lavoro che ha trattato il tema “dopo gli scout”, è stata condivisa da parte di Andrea E., l’esperienza vissuta della sorella Marzia, una capo con disabilità del Campobasso 4 durante il suo iter di Formazione capi. Nel laboratorio “la famiglia”, l’intervista doppia tra mamme scout non ha fatto solo emergere quanto sia importante l’atteggiamento dei genitori nell’affidarsi ai capi dell’unità, ma anche della Comunità capi corresponsabile di tutti. “La rete intorno a noi” ha sottolineato quanto sia importante creare legami con altre realtà del territorio, cercando di combattere l’autoreferenzialità, progettando un futuro per i singoli ragazzi, non solo in AGESCI. “Il gruppo dei pari e la Progressione Personale Unitaria” erano prettamente gruppi di lavoro focalizzati sul metodo: interrogativi, confronti, condivisioni, sono stati arricchiti dai moderatori (AGESCI e non) che hanno trasmesso non solo il desiderio di superare le difficoltà, ma capire come le dinamiche relazionali all’interno delle comunità possano veramente incidere sul miglioramento dei singoli con e senza disabilità. “Punti di s-vista” è stato un laboratorio esperienziale in cui, ai partecipanti, sono state proposte una serie di “nuove sfide”, come un percorso ad ostacoli in carrozzina o alla cieca per provare in prima persona quanto possiamo essere davvero capaci di accogliere una disabilità. Preziosissimo anche il laboratorio tenuto dall’equipe catechesi inclusiva CEI che ha approfondito il perché sia indispensabile prima lavorare sulle consapevolezze dei capi interiorizzando il messaggio cristiano, per poi in un secondo momento, testimoniarlo ai ragazzi che ci sono affidati in modo semplice, rendendo la Parola vicina e fruibile.

In questo clima sarà facile imparare a deporre gli stati d’animo irrazionali, diventare tolleranti, inclini alla comprensione, vestire i panni degli altri, farsi stimare e stimare se stessi.

Sarà anche il luogo per accorgersi che le persone con disabilità vivono una dimensione spirituale significativa e profonda, che non va infantilizzata e banalizzata, ma accompagnata e coltivata con il sostegno della famiglia e della rete sociale nella quale il ragazzo vive.

Testimonianze, confronti, condivisioni, sono stati vissuti nel pomeriggio, creando un laboratorio di pensiero che ha unito da Sud a Nord menti e cuori progettando in modo più consapevole il futuro per prenderci cura, in modo ancora più consapevole, dei ragazzi che ci sono affidati.

A conclusione della giornata, come affermazione tangibile che la disabilità sia una risorsa cui attingere e non una criticità, sul palco di Bracciano si sono esibiti i “Drum Theatre”, un progetto musicale e di integrazione nato quattordici anni fa da un’idea di Sergio Cherubin, il quale guida giovanissimi percussionisti attraverso suoni, colori, danze e movimenti sincronizzati. Nessuno fa caso al fatto che, in questa allegria musicale, si mescolano persone abili e diversamente abili. Tutti, musicisti e pubblico, si trovano inseriti in un vortice di ritmi lontani dagli schemi, che supera con facilità l’ostacolo culturale della diversità. Un’idea scout nata da un non scout che rappresenta l’esempio lampante di una integrazione possibile, sfruttando capacità e passioni di ciascuno.

A chi non avesse vissuto l’evento, ricordiamo che è prevista la diffusione degli atti del convegno e contributi video, interviste pubblicate prossimamente sul sito e sui canali AGESCI.

 

Si ringrazia per le fotografie Paolo Vanzini

 

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Si ringraziano per il video Sara Federici e Lorenzo Pulcioni.

 

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