Tornare per riprendere il cammino. Come i discepoli di Emmaus.

Tornare per riprendere il cammino. Come i discepoli di Emmaus, così i mille di Loreto – 200 Assistenti ecclesiastici e 800 capi fra formatori e Incaricati – sono rientrati a casa con un mandato da estendere alle proprie comunità: intraprendere, nell’educare alla fede cristiana, il cammino del vivere, incontrare, raccontare e infine generare.

Dal 29 settembre al 2 ottobre 2022 a Loreto (Ancona) il convegno “Emmaus. Andata e ritorno” – molta esperienza e pochi discorsi – ha segnato un punto di svolta nella chiamata all’annuncio dei capi AGESCI. Superata l’idea del “fare attività di fede”, è tempo di iniziare a riconoscere Dio nel vissuto. Con la consapevolezza che sulla strada per Emmaus capi e ragazzi camminano fianco a fianco, scoprendo così la presenza di Gesù accanto a loro.

Un’esperienza tutta da vivere. Ma proprio nella chiave del raccontare cercheremo qui di ripercorrere i momenti e i significati salienti della tre giorni, sperando possano essere stimolo a mettersi per strada.

La giornata di venerdì 30 settembre è stata dedicata agli assistenti ecclesiastici. “La fede è un racconto che ci viene consegnato”, ha esordito monsignor Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Gubbio e Città di Castello, già Assistente ecclesiastico regionale AGESCI. “Il metodo di questo incontro è il cammino, ovvero la vita: tutto ciò che viviamo nella nostra storia, i progetti, le scelte fatte e quelle che non riusciamo a fare”. Dopo un tempo di deserto, gli assistenti hanno condiviso il vissuto divisi in gruppi, raccontando un avvenimento della propria esistenza in cui hanno poi riconosciuto l’opera di Dio. “Mettere al centro la Parola di Dio per interpretare la vita” è il monito che più è risuonato nei gruppi di lavoro. Perché la vita va riletta alla luce del Vangelo, non di altro.

Arrivati il venerdì sera, ai capi è stata subito proposta un’esperienza di motricità quotidiana – rilassamento, respirazione, tecniche di propriocezione e di attivazione muscolare – per risvegliare le energie ed entrare in connessione con noi stessi e gli altri. L’idea è che non abbiamo un corpo, ma siamo un corpo. Così il giorno dopo la danzaeducatrice Carlotta Mandrioli ha guidato i capi a mettersi in ascolto di sé. “Il corpo è il tempio dello spirito. Lo dice anche Gesù rispondendo alla samaritana: Dove dobbiamo adorare Dio? Nel corpo”, è stato il rimando del teologo Marco Tibaldi, che ha aiutato a rileggere l’esperienza. Comunichiamo, dunque, con il corpo. E così fa anche Dio. “Dio ci parla attraverso gli affetti, i moti del corpo. Dio si è fatto corpo in Gesù. Nel Vangelo Gesù quindi parla poco ma prende per mano, tocca, guarda”, ha detto ancora Tibaldi.

Dopo “corpo”, “narrazione” è stata un’altra dimensione chiave: abbiamo bisogno di storie in cui immedesimarci e grazie alle quali domandarci “mai io cosa farei?”. Non a caso, la Bibbia è una grande contenitore di storie. Divisi in laboratori di Branca, nel pomeriggio formatori e Incaricati si sono immersi nell’ambiente educativo di riferimento – ad esempio, per gli R/S, la Strada – ripensando a un incontro o un momento significativo della propria vita, ad esempio la Promessa, in cui hanno riconosciuto la presenza di Dio. Poi la condivisione, il fare memoria e il focalizzare i cambiamenti generati.

A chiudere una giornata ricca e intensa, la preghiera del Rosario e la fiaccolata al Santuario della Santa Casa con gli altri pellegrini di Loreto, e il concerto dei The Sun, christian music band che attraverso la musica ha reso tutti partecipi del cammino di rinascita e conversione dei suoi membri.

Emmaus, dicevamo, un viaggio andata e ritorno. Ma anche un punto di svolta per un percorso che la nostra Associazione ha avviato fin dagli anni Ottanta con il Progetto unitario di catechesi, proseguito poi con il cammino “Il discernimento un cammino di libertà” vissuto dalle Comunità capi fra il 2017 e il 2018 e accompagnato negli anni dai tanti campi e cantieri dedicati al tema. Davanti a una strada nuova, due i rischi su cui l’Assistente Ecclesiastico generale padre Roberto Del Riccio sj ha messo in guardia. Il primo: non sentirsi capaci. “Ma non dobbiamo diventare teologi, solo semplici cristiani. Si tratta di imparare a curare la relazione con Dio, per poter abilitare gli altri ad entrare in relazione. Il secondo: cadere nel “lo facevamo già, non è niente di nuovo”, visto che in alcuni territori la riflessione era già in atto. Puntuale l’esortazione del nostro assistente generale: “Siamo chiamati a uno sforzo generativo, creativo, per camminare su nuove piste”.

Non ci sono soluzioni fatte, si comincia da una “ricetta” da maneggiare con creatività: come sempre in cucina, occorre saper cogliere “quantità” e “mescolamenti” di volta in volta adatti. In questo processo è necessario conoscere il racconto della Salvezza, avere dimestichezza con le Scritture. Occorre, capi e ragazzi, essere “esposti” alla Parola: utilizzare la Bibbia, entrando nei suoi racconti e raccontandoceli. Ecco quindi celebrazioni incarnate, che uniscano esperienza e annuncio. Seguendo sei dimensioni esistenziali – simbolica, narrativa, della gratuità, dell’alterità, della creatività, della custodia – che permettono far proprio lo stile della vita cristiana.  “Cose nuove e cose antiche”, insomma… Risuonano le parole di Matteo: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,44-52). Da scriba a discepolo, da “capo catechista” a capo “fratello maggiore nella fede”.

Infine domenica la Messa. Emmaus per andare, Emmaus per ritornare. Si torna per strada, è tempo di generare.

Laura Bellomi, caporedattrice Proposta educativa

Si ringraziano Cinzia Campogiani, Nicola Cavallotti, Marco Montagna, Andrea Pellegrini, per le foto e i video. 

Si ringrazia Lorenzo Fiorentino. 

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