Ecogiustizia subito: in Italia le bonifiche sempre più in stallo

Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera  presentano il report sullo stato delle bonifiche nella Penisola. 

In Italia bonifiche dei Siti di Interesse nazionale sempre più in stallo . Tre gli alert rossi: gravi ritardi amministrativi, una media bassissima di 11 ettari bonificati l’anno, 35 reati di omessa bonifica dal 2015 al 2023 con Sicilia, Lazio e Lombardia le regioni con più illeciti. 

Su 148.598 ha di aree a terra inquinate ricadenti nei 41 SIN perimetrati, solo il 24% di suolo è stato caratterizzato e solo il 6% è stato bonificato. Non va meglio per le falde, bonificate appena il 2%. Con l’attuale media di 11 ettari bonificati all’anno ci vorranno mediamente – per i SIN più virtuosi o fortunati – almeno 60 anni prima di vedere l’iter concluso.  

Eppure, il giro d’affari del risanamento ambientale si aggirerebbe intorno ai 30 miliardi di euro.  

Le associazioni: “In Italia manca una strategia nazionale per le bonifiche che metta a sistema  il risanamento ambientale delle aree e la tutela della salute delle persone in una visione di riconversione industriale dei siti. Proponiamo una road map nazionale con 12 interventi chiave  per garantire ecogiustizia e un nuovo futuro al popolo inquinato”. 

In Italia le bonifiche e il ripristino ambientale degli ex siti industriali e le aree inquinate sono sempre più in stallo. A pesare tre alert rossi: i gravi ritardi negli iter amministrativi, una media bassissima di ettari bonificati l’anno, i reati di omessa bonifica accertati negli ultimi 9 anni (dal 2015 al 2023). Tre indicatori che dimostrano come il Paese faccia fatica a dare ecogiustizia al popolo inquinato, alle 6,2 milioni di persone che vivono nei principali SIN e SIR monitorati, per gli aspetti sanitari, dal progetto “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità.

La conferma arriva dai dati messi in fila nel report “Le bonifiche in stallo” presentato oggi a Roma da ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera, a conclusione della campagna itinerante “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”. Sul fronte dei ritardi, dei 41 SIN (Siti di Interesse Nazionale) perimetrati sui 42 censiti dal MASE e che coprono un’area di 148.598 ettari (presenti in tutte le regioni, ad eccezione del Molise), ad oggi solo il 24% (pari a 29.266 ha) della matrice suolo è stato caratterizzato, definendo in questa prima fase tipologia e diffusione dell’inquinamento, uno step fondamentale per progettare gli interventi necessari. Solo il 5% del terreno delle aree perimetrate (6.188 ha su 148.598) ha il progetto di bonifica o di messa in sicurezza approvato e solo il 6% dei suoli (7.972 ha su 148.598) ha raggiunto il traguardo della bonifica completa.  Non va meglio per le falde: solo il 23% delle acque sotterranee ha il piano di caratterizzazione eseguito e solo il 7% ha il progetto di bonifica o di messa in sicurezza approvato. Scende al 2% la percentuale che vede il procedimento di bonifica concluso.  

Preoccupa, poi, la media degli ettari bonificati all’anno, appena 11, una media troppo bassa rispetto agli oltre 140mila ha che restano da bonificare in Italia nei Siti di Interesse Nazionale. Con questo passo, in Italia ci vorranno mediamente, per i SIN più “virtuosi o fortunati”, almeno 60 anni ancora prima di vedere l’iter concluso. Se tutto va bene a partire quindi dal 2085. Per gli altri SIN meno fortunati, i tempi sono paragonabili a quelli per smaltire le scorie nucleari, centinaia di anni se non qualcosa di più in alcuni casi. Bicchiere mezzo pieno, invece, per i Siti di Interesse Regionale (SIR), dove secondo gli ultimi dati raccolti e pubblicati da ISPRA i siti interessati da procedimenti di bonifica nel 2023, sono complessivamente 38.556, dei quali 16.365 con procedimento in corso (42%) e 22.191 (58%) con procedimento concluso. In fatto di SIN e SIR, bisogna considerare anche gli impatti legati alla salute. Secondo lo studio Sentieri nelle aree inquinate oggetto di studio, si registra “un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto al resto della popolazione, e mostrano come nei siti con caratteristiche di contaminazione simili si producano effetti comparabili”.  

Reati omessa bonifica: L’altra spia rossa è rappresentata dai 241 controlli e dai 35 reati di omessa bonifica accertati dalle forze dell’ordine dal 1° giugno 2015 (anno dell’entrata in vigore della legge sugli ecoreati che prevede questo delitto specifico) al 31 dicembre 2023. Parliamo di un reato ogni 6,8 controlli, 50 denunce e 7 arresti.  A livello regionale, in questi nove anni la Sicilia risulta essere la prima regione con 17 reati, seguita a grande distanza da Lazio e Lombardia, a quota 5 reati a testa. Terzo posto per la Calabria con 3 reati e al quarto la Campania, con 2. La Sicilia è anche la regione con il maggior numero di denunce, 25 tra enti o imprese e persone fisiche e sequestri, che sono stati 6. Un dato positivo, rispetto ai controlli, è quello della Liguria, dove ne sono stati effettuati ben 141. I numeri sui reati di omessa bonifica saranno presentati anche nella due giorni di ControEcomafie, la conferenza nazionale organizzata da Libera e Legambiente a Roma il 16 e 17 maggio, presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre, anche per celebrare i dieci anni dall’approvazione della legge sugli ecoreati.  

“L’esposizione cronica di oltre il 10% della popolazione residente nei SIN e SIR – commentano le associazioni – a rischi permanenti per la salute è responsabilità degli inquinatori, ma anche dello Stato e dei Governi regionali. Serve una responsabilità di governance a più livelli che riguardi gli aspetti ambientali, sanitari, e il rispetto della legalità. Come abbiamo sottolineato con la nostra campagna “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”, facendo tappa in diversi luoghi della Penisola dove manca giustizia ambientale e sociale, serve un cambio passo affinché salute, lavoro e diritto allo sviluppo e all’occupazione, non restino parole vuote. I territori colpiti dall’inquinamento industriale portano cicatrici profonde: malattie, morti, disoccupazione, emigrazione. Non è solo una questione ambientale, ma soprattutto di diritti fondamentali negati. Per questo oggi lanciamo un appello a Governo e istituzioni affinché si definisca una strategia nazionale per le bonifiche e contemporaneamente per la reindustralizzazione nell’ottica della transizione ecologica partendo dalla road map nazionale che proponiamo oggi con 12 interventi chiave”.  

Due grandi talloni d’Achille: a livello nazionale sono due i talloni d’Achille evidenziati nel report. Il primo riguarda il divario tra quanto previsto dalla normativa e quanto realizzato nella pratica. La tempistica stabilita dalla legge prevede una deadline di 18 mesi per completare le prime tre fasi (caratterizzazione del sito, analisi dei rischi associati alla presenza delle sostanze inquinanti rilevate, predisposizione del POB o di messa in sicurezza operativa/permanente) del processo amministrativo per procedere alle bonifiche dei SIN. Tempi però non rispettati, visto che ci si impiegano anni se non decenni. Il secondo tallone riguarda la mancanza in Italia di una strategia nazionale delle bonifiche, uno strumento fondamentale per velocizzare il risanamento ambientale il cui giro d’affari si aggirerebbe intorno ai 30 mld di euro tra investimenti pubblici e privati. Secondo stime di Confindustria, le risorse necessarie per bonificare i SIN presenti in Italia si aggirano intorno ai 10 miliardi di euro e se le opere partissero oggi, in 5 anni si creerebbero quasi 200.000 posti di lavoro con un ritorno nelle casse dello Stato di quasi 5 miliardi di euro fra imposte dirette, indirette e contributi sociali. 

Una Roadmap nazionale con 12  priorità: per questo le associazioni hanno presentato oggi la loro road map nazionale con 12 priorità, suddivise in tre grandi aree di intervento “governance con aspetti normativi e procedurali, integrazione degli aspetti sanitari, la reindustrializzazione per piccoli lotti” – per accelerare il processo di bonifica, mettendo a sistema il risanamento ambientale delle aree, la tutela della salute delle persone, in una visione di riconversione industriale dei siti.  In particolare, le associazioni chiedono: 1) Il recepimento e l’armonizzazione, anche in Italia, delle migliori esperienze di programmi e percorsi già esistenti in ambito internazionale;. 2) Il miglioramento della gestione grazie al rafforzamento della collaborazione tra le diverse autorità coinvolte; 3) L’integrazione dei finanziamenti e degli incentivi a disposizione, aumentando i finanziamenti pubblici e privati per i progetti di bonifica e creare incentivi per le aziende che investono in tecnologie di decontaminazione; 4) Affrontare alcuni nodi normativi chiave come la semplificazione delle procedure, a partire dal D.Lgs. 152/2006, che prevede iter complessi e articolati per la bonifica dei siti contaminati; 5) Chiarire ruoli e responsabilità; 6) Adottare un approccio di governance dell’iter di bonifica uscendo dalla logica meramente prescrittiva vista fino ad oggi, che tenga conto non solo di obiettivi quali-quantitativi realistici e funzionali alla bonifica ma che ponga anche l’elemento temporale al centro del percorso e degli obiettivi da raggiungere; 7) Garantire la formazione e l’aggiornamento continuo soprattutto del personale di amministrazioni comunali e provinciali;. 8) Armonizzare gli studi epidemiologici nei territori inquinati, pianificandone di nuovi, coinvolgendo direttamente i cittadini, anche in esperienze di co-progettazione, e facendoli diventare parte integrante dei progetti di bonifica stessi di un sito; 9) Rafforzare il principio “chi inquina paga” rendendolo funzionale all’iter di bonifica superando l’ambiguità interpretativa come spesso avvenuto fino ad ora;. 10) Indirizzare i progetti di bonifica verso nuove ed attuali tecniche di bonifica, più sostenibili ed efficaci di quelle tradizionalmente usate privilegiando gli interventi locali in situ e on site rispetto a quelli off situ, che portano invece i rifiuti delle bonifiche lontani dall’area da disinquinare; 11) Implementare sistemi partecipati di monitoraggio per permettere alla popolazione di seguire i progressi dei progetti di bonifiche; 12) Strutturare tavoli territoriali partecipati e continuativi, coinvolgendo amministratori locali, aziende, esperti e tecnici, cittadini e associazioni, istituzioni regionali e nazionali.  

Bonifiche in Europa: infine, le associazioni ricordano nel report che il problema delle bonifiche riguarda anche l’Europa. L’EEA ha stimato l’esistenza di 2,8 milioni di siti contaminati in Europa, 1,4 milioni sono però quelli registrati. Solo l’8,3% di quelli registrati (115.385) risulta bonificato e solo lo 0,7% (10.548) risulta essere sotto procedura di bonifica.  

Leggi il report sullo stato delle bonifiche nella Penisola.

 

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