Progetto Saint Martin, l’incontro con i più fragili

Don Gabriele Pipinato, sacerdote padovano e già missionario in Kenya, racconta la storia del Saint Martin CSA, realtà che lavora a Nyahururu, sugli altopiani del nord del Kenya, e che è sostenuto dai fondi dell’8xmille. Una testimonianza di come l’incontro con i più fragili possa trasformare intere comunità.

Don Gabriele, qual è stato il suo primo impatto con la realtà di Nyahururu?

Ricordo bene la visita nella casa di una signora: “Padre, mi raccomando – mi disse – benedica anche il cortile, la fattoria, tutti i miei animali”. Aggiunse che non era necessario aprire una porta, perché lì non c’era niente da benedire. La aprii lo stesso: in un anfratto buio, in condizioni disumane, trovai Thomas, un giovane con disabilità. Sua madre lo riteneva vittima di uno spirito maligno, da nascondere tra le mura domestiche. Per lei, non era degno di una benedizione. Cominciai allora a parlarle di un Dio che chiama e sceglie proprio i più piccoli e i più fragili. Thomas non era maledetta, ma un prescelto.

Da quell’incontro, come è nato il progetto del Saint Martin?

Da lì partì l’impegno del Saint Martin per restituire dignità a chi, come Thomas, spesso era recluso in casa. Siamo andati alla ricerca di persone con disabilità fisica e psichica e con l’aiuto di tanti volontari, oggi raggiungiamo più di 1.300 beneficiari, coinvolgendo le comunità locali perché si sentano responsabili. Dopo l’incontro con una ragazza con disabilità, vittima di abusi sessuali, abbiamo avviato anche un progetto per il sostegno alle vittime di violenza e per la promozione della giustizia. Poi ci siamo occuparti dei ragazzi di strada, dei malati di Aids, di vittime di diverse dipendenze fino al più recente progetto sul disagio mentale.

Come avete trasformato lo sguardo della comunità verso i più fragili?

Non si tratta di fare assistenza ma di promuovere le persone, valorizzare i talenti e le potenzialità di ognuno e far crescere la solidarietà nelle comunità attraverso il coinvolgimento e la formazione. Il nostro motto è: Solo attraverso la comunità.

Un ruolo decisivo ha avuto certamente il coinvolgimento della rete comunitaria locale…

Abbiamo puntato molto sull’attivazione delle energie personali, sociali ed economiche del territorio, con grande attenzione al rapporto con le famiglie e alla formazione. Da questo impegno sono nati specifici programmi comunitari, perseguiti con determinazione dai responsabili locali.

Nel 2005 è nata Talitha kum, una casa per bambini malati e orfani a causa dell’Aids. Nel 2008, con Arche Kenya, abbiamo aperto Effathà e Bethania, due case dove adulti con e senza disabilità intellettive vivono insieme come una famiglia.

Qual è oggi il progetto più significativo?

È quello per bambini di strada e minori svantaggiati partito a Maina, la baraccopoli di Nyahururu. Oggi abbiamo tre centri che, affrontando diverse forme di violenza e abuso, accolgono ragazzi segnalati anche dalla Corte dei minori di Nyahururu, offrendo loro un percorso riabilitativo.

Come sono stati destinati, negli ultimi anni, i fondi dell’8xmille?

Il contributo ha sostenuto tutte e tre le aree principali di intervento: bambini e bambine svantaggiate, diritti umani, dipendenze e salute mentale. Oggi il Saint Martin conta decine di dipendenti e oltre 1.200 volontari formati. Dopo di me è arrivato don Mariano Dal Ponte e ora l’intera opera Saint Martin è passata ai kenyani. La direttrice attuale è Irene Whamiti, avvocata e giudice della Corte Suprema, volontaria fin dagli inizi. È importante che il progetto possa consolidarsi sempre più.

Ci si interroga talvolta sulle modalità per realizzare la cooperazione in modo efficace. Quali attenzioni suggerisce?

Vogliamo tenere vivo il valore di ogni “persona”, che ha bisogno di vivere in “comunità”: queste due parole devono sempre orientarci se vogliamo perseguire uno sviluppo umano autentico. Ci parlano di relazione e non individualismo, di inclusione e non esclusione, di dignità e non di sfruttamento, di libertà e non di costrizione.

A cura di Chiara Bonvicini

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